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04/10/2019
Permessi sindacali: abusi - Licenziabile il dirigente sindacale che prende il permesso retribuito ma poi non va alla riunione.

Così come i lavoratori hanno diritto di svolgere attività di proselitismo all’interno dell’azienda in favore della propria organizzazione sindacale, a maggior ragione tale possibilità è riconosciuta ai dirigenti delle RSA e ai componenti delle RSU, in ragione del loro ruolo. Ad essi, per di più, la legge riconosce degli specifici permessi dal lavoro (retribuiti e non) per svolgere serenamente le proprie funzioni. Si tratta di una protezione speciale della quale, però, non si può abusare. Una recente sentenza della Cassazione interviene proprio sul delicato argomento dell’abuso dei permessi sindacali e – come già detto con riferimento ai permessi previsti dalla legge 104 per chi ha un familiare disabile da assistere – avverte a chiare lettere: è licenziabile il dirigente sindacale che prende il permesso ma poi non va alla riunione e svolge attività personale.

Vediamo meglio quali sono i fondamenti di questa decisione, quali sono i permessi sindacali e quali strumenti ha il datore di lavoro per controllare l’impiego di tali giorni di riposo da parte del personale.

Permessi sindacali per dirigenti RSA e componenti RSU

Dirigenti di RSA e componenti di RSU godono di speciali permessi retribuiti e non, al fine di agevolarli nell’espletamento delle loro attività sindacali da svolgere sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Il numero dei dirigenti beneficiari, il tipo e l’entità dei permessi sono stabiliti dalla legge, a seconda della consistenza numerica della categoria di cui la rappresentanza sindacale è espressione nell’unità produttiva.

Ad esempio, in caso di unità produttiva con non più di 200 dipendenti, il dirigente della RSA ha diritto a un’ora all’anno per ciascun dipendente e non meno di 8 giorni all’anno. Da 2001 a 3.000 dipendenti ci sono 8 ore mensili. Il Ccnl può prevedere una misura superiore dei permessi.

Per ottenere i permessi retribuiti non c’è bisogno dell’autorizzazione del datore di lavoro il quale deve solo prendere atto della segnalazione del sindacalista. Questi deve darne comunicazione scritta al datore con un preavviso non inferiore a 24 ore. Solo se c’è urgenza è possibile un preavviso minore.

Permessi per dirigenti sindacali

Altri permessi sono riconosciuti ai lavoratori che hanno una carica negli organi direttivi provinciali e nazionali delle associazioni sindacali firmatarie di un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva; anche questi hanno diritto a permessi retribuiti per la partecipazione a riunioni degli organi cui fanno parte.

Il numero di permessi spettanti e le modalità di esercizio del diritto sono stabiliti dai Ccnl.

Tale diritto trova fondamento nello stesso Statuto dei lavoratori.

Controlli sull’uso dei permessi sindacali

Il datore di lavoro non può sindacare il tipo di attività e l’utilità della stessa che il sindacalista compie durante i giorni dei permessi retribuiti. Può tuttavia contestare l’uso di tali permessi se vengono utilizzati per fini diversi da quelli per i quali è stata formulata la richiesta.

Abuso dei permessi sindacali

Non resta che verificare che succede in caso di abuso dei permessi sindacali. Per la Cassazione, il dirigente sindacale che prende il permesso ma poi non va alla riunione può essere licenziato in tronco. E ciò perché le giornate retribuite previste dallo Statuto dei lavoratori possono essere destinate soltanto alla partecipazione degli attivi provinciali o nazionali.

Il datore ben può controllare la presenza del dipendente alla seduta dell’organismo: in caso di contestazione, dunque, il lavoratore deve dimostrare il suo diritto ad assentarsi dal servizio e se non ci riesce la mancanza della prestazione risulta imputabile a lui.

Non è possibile chiedere i giorni di permesso, ad esempio, per studiare la normativa fiscale, fornire assistenza per pratiche contributive e prepararsi il discorso in vista di elezioni sindacali. Difatti – sottolinea la Corte – l’uso dei permessi per finalità diverse dalla partecipazione agli attivi legittima il datore a non retribuire le giornate in questione. In più pesa la bugia detta all’azienda, la mancanza di fedeltà che – come in tutti gli altri casi di permessi retribuiti utilizzati per scopi diversi da quelli per i quali sono previsti dalla legge – fa scattare la sanzione del licenziamento.




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